un racconto di Giordano Di Fiore
Sangue, sangue, ancora sangue. Dalla finestra della stazione meteorologica di Caleb-Athan, dove ci siamo rifugiati per sfuggire alle bombe ed agli attentati, non si riesce a distinguere più nulla.
Soltanto un gran polverone, e l’odore acre del sangue rappreso, che prende allo stomaco, senza possibilità di soluzione: siamo qua da tre mesi, e non mi riesco ancora ad abituare.
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