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Correre all’estero (Running Bruxelles)

Correre all’estero è la versione aggiornata di perdersi nel viaggio

Non avevo mai provato l’esperienza di correre in una città straniera, nella quale non ero mai stato.

L’esperienza comincia già da prima del viaggio: l’idea comporta, infatti, alcuni accorgimenti pratici, e, per me, inediti. Non sono, infatti, un fanatico della valigia, che, tipicamente, preparo solo all’ultimo momento, buttandoci dentro poco, o niente.

In questo caso, l’inserimento di un paio di scarpe da running, dei pantaloncini, una maglietta ed una felpa tecniche è stato una rivoluzione delle mie abitudini. Peso in più in valigia, e minima preparazione. Significa andare all’estero non con l’idea di lasciare andare tutto al caso, ma decidere, almeno, che sarei andato a correre.

Ed ho mantenuto incredibilmente il proposito: 3 giorni a Bruxelles, e 2 corse, neanche male.

Il primo giorno, con un poco di paura di perdermi. Il secondo, straordinariamente rilassato, ed all’avventura.

Nello specifico, non sono un runner, lo ammetto: proprio per nulla. L’ho fatto sporadicamente nella vita, ora ho deciso di riprendere, per migliorare un colesterolo inaspettatamente alto.

Odio correre sul tapis-roulant in palestra, ed, in realtà, mi annoio terribilmente a correre nei parchi e nelle aree preposte.

Amo invece, enormemente, correre in città: è l’estensione, un po’ più veloce, della passeggiata. La voglia di scoprire situazioni, una sorta di reportage in action.

Bruxelles, devo dire, si presta benissimo: è una città piuttosto rilassata, attrezzata (sì, ho sfruttato le piste ciclabili con quell’asfalto gommoso, che avrà senz’altro un nome, ma lo ignoro) e, soprattutto, varia. Scenari tutti differenti tra di loro, dal canale, ad un bellissimo centro storico, ad una fantastica salita, che ti fa sentire molto Rocky durante l’allenamento. In più, un andamento “circolare” che ti consente di ritornare molto facilmente al punto di partenza, pur essendoti lanciato a caso nelle strade di questa inedita città.

Tutta la cultura hippy ci ha tramandato l’idea di viaggiare senza una meta, insegnandoci che l’unico scopo del viaggio è il viaggio stesso.

La società contemporanea, così connessa, lascia ben pochi spazi all’improvvisazione.

Tuttavia, il running all’estero dà un po’ quella sensazione: perdersi, sconnettere, soprattutto, la mente e lasciarsi guidare dagli stimoli.

Assolutamente da ripetere!

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